RINGRAZIAMENTI PRESENTAZIONE PROGETTO
“Tacere non è un dovere”
Presso la sala “Valadier” della Legione Carabinieri “Lazio”
&
Presso La sala “Alessandrina” Dell’Accademia dell’Arte Sanitaria
23 FEBBRAIO & 02 marzo 2023
Al Comandante della Legione Carabinieri “Lazio” Gen. C. A. Dr. Antonio De Vita, il Segretario Generale dell’Accademia Di Storia Dell’Arte Sanitaria Prof. DR. Giuseppe Marceca, che ci hanno dato questa opportunità, ringrazio tutte le persone che erano presenti, tutti i soci e non che hanno collaborato alla riuscita del progetto e di queste due giornate.
Un ringraziamento particolare alla Regione “Lazio”, alla Banca d’Italia e alla Presidenza Nazionale che hanno finanziato questo progetto.
L’idea di Tacere non è un dovere nasce del 2015 e trova una sua prima concretizzazione l’11 aprile 2016 quando in un incontro pubblico a Villa Mondragone M.P.C. manifestiamo l’intenzione di realizzare un documentario sulla deportazione dei carabinieri nei lager nazisti. Successivamente, un’altra tappa significativa è stata la realizzazione del libro scritto da Gelasio Giardetti “I Carabinieri nella storia italiana In memoria della loro deportazione nei lager nazisti”, il volume è stato presentato l’11 ottobre 2018 alla Scuola Allievi Carabinieri di Roma, “.
Per ragioni di salute personali il progetto rallenta il suo cammino, nel momento della mia ripresa fisica arriva il COVID19, che rallenta il cammino di tutti, ma non la nostra ricerca, infatti dopo la pubblicazione L.R. 15/11/2019 della Direzione Regionale Cultura, Politiche Giovanili e Lazio Creativo, con la Valorizzazione della Memoria Storica del Lazio, con la presentazione dei nostri progetti con il primo otteniamo un contributo per la realizzazione del documentario ed in un secondo progetto otteniamo un secondo contributo da parte della Regione Lazio per creare l’archivio web della memoria sempre del Lazio. Nel 2021 abbiamo richiesto un contributo Liberale alla Banca d’Italia che dopo la visione dei progetti ci eroga il finanziamento.
Considerando che la promozione del libro a causa della pandemia non ha dato il risultato aspettato ringraziamo il supporto economico della Presidenza Nazionale e le altre piccole donazioni fatta da aziende private e famiglie.
Questi sono i retroscena che hanno reso possibile queste presentazioni, occasione nella quale possiamo finalmente presentare il documentario, il sito web “Archivio online della Memoria” con all’interno l’Albo d’Onore dei Caduti dell’Arma che ancora oggi aggiorniamo. Per l’albo d’onore il maggior, ringraziamento va al nostro socio che con la sua massima abnegazione, ha dato alla ricerca dei caduti una forte spinta, Il Cap. CC Enrico Maria Biancarelli che il 13 aprile 2021 ci ha lasciati a causa del COVID19.
Mi voglio rivolgere a tutti i colleghi in servizio e in quiescenza, hai Sig.ri Ispettori, hai Coordinatori e Presidenti di Sezione, chiedendo la collaborazione per il proseguo della ricerca dei Caduti dell’Arma dei Carabinieri che non sono presenti nell’Albo d’Onore, e il controllo dell’esattezza dei dati pubblicati sul sito web www.tacerenoneundovere.it. Il vostro impegno è necessario per far sì che l’archivio online dei caduti dell’Arma dei Carabinieri della Seconda guerra mondiale sia sempre più preciso e aggiornato e poter dare hai fruitori di questi dati, congiunti e colleghi che possono interessare questi dati per avere una memoria collettiva univoca e poter ricordare colleghi che indipendentemente dalle loro posizioni prese hanno immolato la propria vita per un ideale unico l’Italia.
Come mi scrisse il Capitano (r. o.) e ricercatore Enrico Maria Biancarelli presentandomi un riepilogo della ricerca:
“”Dallo studio di quel periodo storico ne emerge un dato incontrovertibile: il fallimento dell’uomo nella sua essenza; vi era un’escalation di violenza, esaltazione collettiva, incomunicabilità, avversione e odio propagandistico che hanno portato tanti a non riconoscere e a non riconoscersi più nell’essere umano, come persona senziente e buona, seppur con tutti i suoi limiti individuali. Tali vincoli, tuttavia, non hanno mai intaccato l’anima dell’Arma dei Carabinieri, che, paziente, generosa e dotata del suo distintivo alto senso di dovere, disciplina e onore, con spirito di sacrificio totale e abnegazione, ha dato un notevolissimo contributo al rifiorire della libertà e della civile convivenza tra popoli.””
Ricordiamoci che tutti insieme possiamo dare una grande opportunità a questa società, riscattarsi da un passato senza ricordo dei colleghi che consapevolmente hanno dato la propria vita per questa Patria ad un presente con il ricordo di grandi uomini che hanno dato la propria vita per un obbiettivo unico chiamato “Italia”; pertanto, noi abbiamo il dovere morale di non dimenticare il loro sacrificio, ricordandoci di commemorarli e trasmettere alle prossime generazioni il loro sacrificio; un sacrificio che peraltro permette a noi l’onore di chiamarci Carabinieri.
Monte Porzio Catone (RM), 10 marzo 2023
Il Presidente
M.llo Capo (r. o.) Edoardo Zucca
Giornata della Memoria 29 ottobre 2021
Voglio iniziare questo mio intervento ringraziando il Consiglio della Regione Lazio, che con la Legge Regionale N.10 del 20 agosto 2020 ha voluto nell’istituire la Giornata della Memoria anche per le vittime del dovere. Io aggiungerei alla memoria anche il ricordo.
Perché dunque storia e memoria sono differenti e un’espressione come “memoria storica” è contraddittoria? La storia è il racconto dei fatti che hanno avuto grande importanza per gli uomini. Vicende che poi vengono scritte nei libri, insegnate e imparate nelle scuole. La storia però comincia nel momento in cui la memoria non è più vissuta. Finché un ricordo sopravvive non c’è bisogno di fissarlo per iscritto. Ciò accade sin quando coloro che hanno vissuto quegli eventi sono ancora presenti e li trasmettono al loro prossimo.
Cosa accade quando la memoria di una serie di fatti non ha più per supporto il gruppo che vi fu coinvolto o che ne subì le conseguenze. La responsabilità della memoria passa alla generazione successiva: alle persone che sono state in contatto con i testimoni diretti e così via. Ogni generazione ha il compito di tenere vivo il ricordo, un compito che assomiglia al mantenere acceso un fuoco. Bisogna evitare che la memoria diventi solo storia. Io quando ho iniziato la mia vita da Carabiniere, alla scuola Allievi di Roma, ricordo con precisione che la mia decisione era legata a un fatto di sangue, avvenuto il 25 giugno 1967 a Cima Vallona di San Nicolò di Comelico in Alto Adige. In quel luogo, in seguito ad un attentato terroristico, mori il Cap. Francesco Gentile. Quella morte mi stimolo nella scelta di chiedere di essere assegnato in Alto Adige per dare il mio contributo ad un Italia più democratica. Infatti, il 18 febbraio 1968 fui trasferito al settimo Battaglione Carabinieri di Laives. Un altro evento che ha indirizzato le mie scelte fu la morte dell’Agente di Polizia Antonio Annarumma il 19 novembre 1969 a Milano mio coetaneo. In seguito di quella morte il nostro Reparto fu inviato a Milano.
Questi eventi hanno contribuito alla mia crescita morale e a maturare la consapevolezza dei miei doveri di servizio. Quando, nel giugno del 1971, vengo trasferito nella Regione Lazio mi ritrovo nel bel mezzo di un conflitto politico e civile. Tra gli anni ’70 e il 2000, in Italia ci sono stati 1153 attentati terroristici (a persone e cose) di cui 483 nella sola regione Lazio, 418 nella sola città di Roma. Questi 1.153 attentati sono costati all’Arma dei Carabinieri 249 vittime, 249 vittime del dovere. Due di questi vengono ricordati da questa Sezione. Il primo attentato è datato 11 agosto 1980, con l’uccisione dell’Appuntato Ippolito Cortellessa; il secondo avviene il 6 dicembre 1981 con l’uccisione dell’Appuntato Romano Radici, collega al quale, oggi, intitoliamo l’Organizzazione di Volontariato di questa Sezione.
Abbiamo fatto questa scelta in nome del ricordo, il ricordo di fatti che hanno segnato le famiglie: non bisogna mai pensare che le famiglie, le mogli, i figli, i nipoti se ne siano fatti una ragione. Alimentando il ricordo di questi uomini cerchiamo di dare una cornice al loro sacrificio e un leggero conforto alle famiglie. Dobbiamo però aver ben chiaro che il peso della morte di tutti i colleghi non è solo sulle spalle dei congiunti, ma anche della comunità che grazie al loro sacrificio ha potuto riacquistare un minimo di serenità e fiducia nelle istituzioni. Benefici che si sono concretizzati in leggi più stringenti contro il terrorismo, le mafie e la malavita organizzata.
Voglio chiudere questo mio saluto rammentando alle istituzioni che il ricordo è un fuoco che deve ardere sempre, anche se oggi ci sembra che le tecnologie possano semplificare tutto, penso che ritrovarsi oggi, in presenza, in uno spazio fisico per ricordare assieme questi uomini coraggiosi sia qualcosa di grande e importante. Sarebbe bello se tutte le nostre Sezioni dislocate in Italia, si facessero carico di ricordare una Vittima del dovere.
Un ringraziamento personale va ad Anna Maria, la mamma di Laura e Paolo, che nonostante un percorso di vita difficile ha cresciuto due splendidi figli nel ricordo di un padre che ha donato la propria vita per questa Nazione.
Un pensiero va anche al Ten. Enrico Maria Biancarelli, a cui intitoliamo la sala del volontariato, anche lui in procinto di essere riconosciuta Vittima del Dovere per aver perso l’utilizzo della vista all’occhio sinistro da parte di un facinoroso in una manifestazione il 2 agosto del 1990.
Infine, il 13 aprile di quest’anno ci ha lasciato Enrico a causa del Covid-19, la sua eredità è per noi motivo di enorme gratitudine: ha condotto con passione la ricerca dei Carabinieri deceduti nel secondo conflitto mondiale. È nostro compito portare avanti il tuo lavoro è così che vogliamo alimentare il tuo ricordo. Grazie Enrico.
è iniziato il periodo di rinnovo tesseramento all'ANC per l'anno 2022, le somme sono rimaste invariate come nel 2021 chi vuole può fare anche un bonifico come segue: BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DEI CASTELLI ROMANI E DEL TUSCOLO
IBAN: IT64S0709239231014000022650 INTESTATO : A.N.C. Sezione MONTE PORZIO CATONE somma da conificare: Soci effettivi €.25,00; Soci familiari €.25,00; Soci simpatizzanti €.30,00. Causale: rinnovo tesseramento anno 2022.
Vantaggi derivanti dall'iscrizione
Con l'iscrizione all'ANC il Socio acquisisce diversi vantaggi in vari campi:
assistenziale, mediante la formula del sussidio in denaro
assicurazione per morte o grave invalidità (20%) derivante da attività extraprofessionale (automaticamente estesa a tutti i soci in regola con la quota sociale)
assicurazione infortuni per soci che ricoprono incarichi istituzionali (volontaria)
abbonamento gratuito alla rivista "le Fiamme d'Argento", che contiene reportages di attualità e di costume, servizi di cultura, l'impegno nel volontariato, pagine di storia e un'ampia selezione della vita delle sezioni agevolazioni offerte da ditte fornitrici di servizi, catene ed esercizi commerciali, alberghi che riservano al socio sconti ed agevolazioni (i nomi e gli indirizzi sono inseriti nel sito alla voce "agevolazioni")
accesso ai soggiorni ed ai lidi dell'Arma.
RECERCA PER:
NOME - COGNOME - GRADO - DATA DI NASCITA - LUOGO DI NASCITA - REGIONE - FRONTE DEL DECESSO -
Klicca sul link sottostante
Albo d'Onore Caduti dell'Arma dei Carabinieri nella II° Guerra Mondiale
158 anni dall'Unità d'Italia
17 marzo 1861: Unità d’Italia
“Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”
Questa famosa frase associata dai più a Massimo D’Azeglio, sta a significare che per quanto l’Italia geograficamente e politicamente nel 1861 risulti unita, in essa regneranno sempre culture, tradizioni e lingue (dialetti) diversi tra loro.
Nonostante si tratti di una frase espressa un secolo e mezzo fa, non è del tutto estranea dal contesto attuale. Basti pensare alle rivalità che sono ancora presenti nel nostro paese tra Nord e Sud.
Ma facciamo un passo indietro.
L’Unità d’Italia fu un traguardo complesso da raggiungere.
Tutto iniziò nel 1814 circa con il congresso di Vienna, dove, a seguito della caduta di Napoleone, circa 216 delegazioni, provenienti da tutta Europa, si riunirono per discutere le sorti politiche e militari del continente, proponendo di recuperare le condizioni che vigevano precedentemente il regime napoleonico.
A seguito di ciò ebbe inizio il periodo chiamato “restaurazione”. L’Italia fu particolarmente coinvolta da questo processo: la situazione prenapoleonica si ristabilì in tutta la nostra penisola ad eccezione di Genova e Venezia. Tornarono quindi al potere tutti gli ex sovrani spodestati in precedenza, e tornò ad affermarsi il dominio austriaco.
Ci troviamo di fronte ad un’Italia divisa in almeno sette stati.
Un mezzo per affermare la restaurazione fu “la Santa Alleanza’’, un patto nel quale Austria, Russia e Prussia si unirono impegnandosi a ricorrere alle armi, se necessario, nel caso in cui si fosse attuata una qualsiasi forma di ribellione nei confronti dell’ordine ricostituito.
Dopo il congresso di Vienna, iniziò una vasta diffusione delle società segrete, tra cui ricordiamo la più importante in Italia: la carboneria. Loro intento era quello di liberare il paese in cui operavano dal dominio straniero o dal dominio autocratico e di affermare un regime politico fondato su una costituzione.
Successivamente, in Italia, al fine di conquistare l’indipendenza, si sollevarono moti rivoluzionari che provocarono addirittura tre Guerre di Indipendenza.
La prima (1848) vide come protagonista Carlo Alberto di Savoia (Regno di Sardegna) che dichiarò guerra all’Austria: in un primo momento ne uscì vittorioso, ma successivamente fu sconfitto, lasciando così il regno nelle mani del figlio. Furono questi gli anni che videro come protagonisti i patrioti Mazzini, D’Azeglio.
La seconda (1859) durò circa tre mesi, ancora una volta gli schieramenti vedevano da un lato l’Austria, dall’altro il regno di Sardegna, alleatosi con la Francia. Questa seconda guerra d’indipendenza terminò con la vittoria franco-piemontese e la liberazione della Lombardia. Questo portò quindi all’unione di Parma, Modena, Toscana e parte della Romagna, al regno di Sardegna.
La seconda guerra di indipendenza velocizzò il processo di unificazione dell’Italia e vide l’ascesa di altri due grandi patrioti, quali Cavour, che morì poco prima della realizzazione definitiva dell’Italia unita, e Garibaldi. Di fatti l’anno successivo, avvenne la famosa guerra dei mille (prese questo nome perché l’esercito era formato da 1000 uomini) sotto la guida proprio di Garibaldi il quale, salpò da Quarto, presso Genova, e raggiunse Marsala, in Sicilia sotto la protezione delle navi inglesi. I 1000 si scontrarono contro le truppe borboniche finché non conquistarono la Sicilia, e da lì iniziarono una serie di conquiste: Marche, Umbria, Campania e altre regioni controllate dallo Stato pontificio.
Il 26 ottobre 1860 Vittorio Emanuele IIincontrò personalmente Giuseppe Garibaldi a Teano e da qui l’unificazione dell’Italia fu una strada tutta in discesa, anche se non mancarono conflitti per perseguire l’obiettivo: il 17 marzo 1861, il primo Parlamento dell’Italia unita, proclamò la nascita del regno d’Italia con capitale Torino.
Ma non è ancora finita. All’appello mancavano Lazio e Veneto. Nella terza ed ultima guerra di indipendenza, inizialmente venne liberato il Veneto, grazie a Vittorio Emanuele II con la battaglia di Lissa, in un secondo momento (circa 4 anni dopo) Roma, per merito dei bersaglieri che, aprendosi un varco nelle mura, entrarono nella città mettendo così fine al potere del Papa.
Tanto sangue e tante vite sono state sacrificate per avere un’Italia e un popolo italiano unito, eppure fatta l’Italia forse bisogna ancora fare gli italiani.
Daniele Di Cataldo
Uno degli ultimi caduti della Seconda guerra mondiale fu il tenente colonnello dei Carabinieri Edoardo Alessi, conosciuto come il comandante partigiano Marcello. Dopo l’8 settembre del 1943, Alessi gettò le prime basi del movimento di Resistenza in Valtellina, ponendo in salvo molti uomini politici affluiti nella zona per rifugiarsi in Svizzera. Successivamente, rifiutatosi di giurare fedeltà alla Repubblica Sociale, aveva passato il confine anche lui. Dalla Svizzera aveva mantenuto i contatti con il C.L.N.. Il 5 febbraio 1945 rientrò in Italia per combattere. Fu nominato comandante della I Divisione alpina Valtellina, designato a questo incarico da tutti i comandanti partigiani dei vari battaglioni. Con il suo aiutante Cesare (il tenente dell’Aeronautica Adriano Cometti), fu infaticabile nell’organizzazione delle truppe partigiane e nelle missioni esplorative nei luoghi designati alle azioni di guerra. Il 26 aprile, nella zona di Sondrio, fu intercettato da 200 fascisti. Con il suo aiutante aprì il fuoco, ma fu colpito, insieme a Cometti, dalla mitraglia nemica. Cometti morì sul colpo. Alessi, ferito gravemente, fu ucciso con un colpo di pugnale da un fascista. Ai suoi funerali partecipò una folla immensa.
PREFAZIONE DEL PRESIDENTE NAZIONALE
DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE CARABINIERI
PREFAZIONE
Nel panorama sociale italiano emergono istituzioni che sono state costantemente vicine al cittadino nel lungo percorso che ha reso il nostro Paese uno dei più sviluppati a livello internazionale, riuscendo a mantenere, anche nei momenti negativi, una profonda umanità derivante da una cultura ricca e secolare. Questa umanità, improntata a solidarietà e comprensione, ha permeato anche gli organi dello Stato preposti al controllo del territorio e alla gestione della pubblica sicurezza attraverso un equilibrio tra la ferma difesa dei valori etici irrinunciabili e la giusta attenzione alle esigenze particolari delle popolazioni.
Un’antica convinzione, diffusa nella miriade di borghi sparsi su tutta la Penisola, indica, quali figure di spicco e quindi molto importanti nella vita quotidiana: il sindaco, il maestro di scuola, il parroco e il comandante la stazione dei Carabinieri. In effetti il sindaco è la persona responsabile dello sviluppo sociale ed economico della comunità, il maestro impartisce agli alunni la cultura di base per iniziare ad affrontare la vita, il parroco cura l’educazione spirituale e morale attraverso la diffusione costante dei principi evangelici, il maresciallo dell’Arma garantisce la sicurezza e il rispetto della legalità su tutta la sua giurisdizione, ma con una variante particolare: i carabinieri, nello svolgere l’attività di servizio, mettono continuamente a repentaglio la vita. Questo ha meritato un apprezzamento che non è mai venuto meno né si è attenuato in oltre duecento anni di storia.
La considerazione e l’affetto che gli italiani nutrono nei riguardi dei Carabinieri derivano da una persuasione, che si è rafforzata attraverso le generazioni sulla base di fatti concreti, dell’impegno, della costante vicinanza alla gente nei momenti difficili; percezioni tangibili che, radicandosi profondamente nel tessuto sociale, hanno fatto dell’Arma un saldo punto di riferimento nazionale.
Oltre a seguire la vocazione professionale i giovani carabinieri, provenienti da tutto il Paese, cercano, secondo i principi fondamentali della loro formazione psicologica, il rapporto umano, l’integrazione con i cittadini che sono chiamati a servire. Vederli nelle manifestazioni religiose, in feste paesane, nei consigli comunali, nelle fiere e nelle sagre, assume un valore di notevole importanza, poiché incarnano lo Stato nella sua autorevolezza e nella sua sollecitudine, dimostrata anche drammaticamente nell’opera di soccorso durante le purtroppo numerose calamità che ci affliggono periodicamente.
Ma c’è un’altra dimensione che ha visto protagonista l’Arma dei Carabinieri in un ruolo forse ancora più determinante, connesso con le fondamenta stesse della Nazione, con la salvaguardia delle istituzioni e l’integrità territoriale nelle gravi crisi interne e internazionali, tra scontri ideologici e guerre sanguinose. È la memoria “storica” che, a differenza della dimensione “quotidiana” sotto gli occhi di tutti, richiede un approfondimento più dettagliato per mantenersi viva. L’Autore del presente libro si propone proprio questo: alimentare il ricordo e la consapevolezza di quel ruolo secolare che l’Arma ha svolto, iniziando dalla sua nascita voluta da Vittorio Emanuele I con le Regie Patenti del 1814. Il documento getta il seme che darà vita alle radici della quercia raffigurata nello Stemma, iniziando il percorso fecondo che lega indissolubilmente l’Istituzione all’Italia.
Un percorso bene evidenziato nell’opera lodevole di Gelasio Giardetti, voluta e commissionata dalla Sezione ANC di Monte Porzio Catone per ricordare il sacrificio dei Carabinieri nella lotta di Liberazione dal giogo nazifascista, per celebrarne sobriamente, ma intensamente le vittime, i caduti, i feriti e i deportati nei “lager”. E difatti il racconto delle vicende, delle glorie, delle benemerenze in pace e in guerra, della dedizione al dovere, dalla Restaurazione al Risorgimento e dopo l’Unità sino alla Seconda guerra mondiale, segue certamente l’ordine cronologico, ma nella narrazione è sotteso un filo conduttore preciso. Non, o non solo, il valore “sul campo”, la professionalità, il coraggio delle decisioni difficili, perché queste virtù, sicuramente mirabili per vigore e continuità, sono conseguenze di una predisposizione d’animo e di una scelta totalizzante: un Giuramento che al di là degli obblighi morali e concreti, impone uno stile di vita che coinvolge l’intera personalità di chi lo pronuncia. Non si può, non dico sottrarsi, ma anche solo tergiversare. L’onore è reso alla Bandiera, alla Patria, ai Cittadini, ma è corroborato da quel principio di umanità di cui parlavo all’inizio.
Ecco dunque che l’Autore, nel proporci con avvincente immediatezza avvenimenti anche già noti, esalta particolarmente l’ineludibilità dello spirito di servizio, in quanto capacità di operare coralmente senza distonie, e di sacrificio, in quanto dedizione all’ideale superiore del bene comune da parte dei protagonisti, capi e gregari che fossero. Si tratta di una dimensione etica e mentale che i nostri militari impegnati nelle missioni di pace evidenziano ogni giorno agli occhi del mondo.
Nel corso del 1943-1944 ben diecimila carabinieri furono rastrellati, con la connivenza delle istituzioni fasciste, dai presidi e dalle stazioni del Centro e del Nord Italia e internati nei campi tedeschi per il lavoro coatto insieme ad altri, molti, militari del Regio Esercito e come questi subirono mesi terribili di soprusi e torture. Tanti non tornarono e chi riuscì a rivedere i propri cari al rientro in patria subì, almeno inizialmente, l’umiliazione di essere accolto con freddezza, considerato alla stessa stregua di un imboscato di cui l’Italia non poteva andare fiera.
Ora, per amore di verità, il libro sottolinea anche come gli storici non sempre abbiano evidenziato il contributo fornito dall’Arma alla liberazione del Paese dal nazifascismo. I Carabinieri, lontani sempre dalle ribalte, hanno taciuto come vuole la loro dirittura e in linea con il giudizio che già Gabriele D’Annunzio diede cento anni or sono: “L’Arma della fedeltà immobile e dell’abnegazione silenziosa; l’Arma che nel folto della battaglia e di qua della battaglia, nelle trincee e nelle strade, nelle città distrutte e nei camminamenti sconvolti, nel rischio repentino e nel pericolo durevole, dà ogni giorno eguali prove di valore, tanto più gloriose, quanto più avara le è la gloria”.
L’opera si basa sulla documentazione dell’Ufficio storico dell’Arma, sull’approfondito esame di testimonianze riportate da insigni storici, sulla scrupolosa scelta e sul vaglio attento di svariate pubblicazioni. Ne è conseguita una lettura appassionante e dettagliata, che ci rende partecipi “dal di dentro” degli episodi narrati, uno strumento di conoscenza che è anche un messaggio ai giovani; del resto l’aforisma “Tacere non è un dovere” di recente conio, oltre ad avere una sua validità etica, è anche un invito a fare della verità l’unico baluardo per dare dignità e credibilità ai processi storici e per abbattere gli equivoci che ha potuto creare l’“Obbedir tacendo e tacendo morir”.
Nel ripercorrere il cammino della storia italiana Giardetti constata, e in qualche modo documenta, che essa coincide e si identifica, più di quanto si possa immaginare, con la storia dei Carabinieri.
Una conclusione da cui tutti gli Italiani possono trarre spunti di legittima soddisfazione e autentico orgoglio ritrovando, nella storia nazionale, quei motivi di riassicurazione ispirati dai Carabinieri del borgo o del quartiere nella loro quotidianità.
Gen. di C. A. Libero Lo Sardo
INTRODUZIONE DEL PRESIDENTE DELLA SEZIONE DI
MONTE PORZIO CATONE
Questo libro è rivolto non solo alle vecchie e giovani generazioni che riempiono e riempiranno le file dell’Arma, ma anche a tutti i lettori interessati agli eventi che hanno attraversato la storia del nostro Paese, poiché il lungo cammino dell’Arma si lega e si amalgama, più di quanto si possa immaginare, alla storia italiana degli ultimi due secoli. Se oggi il popolo nutre rispetto per il nome e per l’uniforme che indossiamo è proprio perché in questi duecentotrè anni di servizio alle istituzioni, sia monarchiche che repubblicane, noi Carabinieri siamo stati sempre al di sopra degli schieramenti politici, animati solo ed esclusivamente da un spiccato e rigoroso spirito legalitario nel difendere e nel far rispettare le leggi emanate dallo Stato.
Bisogna evidenziare, tuttavia, che il Carabiniere non è solamente un pubblico ufficiale incaricato di garantire pedissequamente una rigida applicazione delle norme, ma è anche una figura in grado di relazionarsi con le persone, di ammonire e stigmatizzare, ma anche di capire e consigliare. Oggi quasi tutti i cittadini presumono di conoscere i propri diritti, ma ci sarà sempre bisogno di una persona autorevole e comprensiva come il Carabiniere che potrà indicare i limiti basilari tra i nostri diritti e quelli degli altri. Quanto fin qui enunciato riguarda la quotidianità che si è dipanata nel tempo e continua a svolgersi senza soluzione di continuità, ma non solo: nelle catastrofi naturali, dai terremoti alle alluvioni, i Carabinieri sono stati sempre in prima fila nel soccorso alle popolazioni, dai tempi remoti alle cronache recenti, e anche questo è ben vivo nella coscienza di tutti coloro che ne hanno avuto esperienza diretta o memoria familiare.
Bisogna dire che l’Arma è riuscita a conquistare lentamente nel tempo la fiducia del popolo italiano, attraverso la sua opera quotidiana di controllo del territorio e di repressione di tutti gli atti malavitosi creando così, in sinergia con le altre istituzioni dello Stato, solide basi affinché nella società civile italiana divenissero preponderanti il senso di moderazione e responsabilità. Inoltre rivestì il ruolo di Arma combattente nei momenti in cui nubi minacciose di guerre si addensavano sui cieli della Patria. Si pensi che l’Arma ebbe il battesimo del fuoco a Grenoble nel lontano 6 luglio del 1815 contro le truppe francesi di Napoleone Bonaparte. La carica di Pastrengo del 30 aprile 1848, si pone nella Prima guerra d’indipendenza e nel contesto dei primissimi anni di Monarchia costituzionale concessa da Carlo Alberto. Nella Grande guerra i Carabinieri si distinsero in combattimento sul monte Grappa, sul Sabotino, sul Sei Busi, ma fu sulle pendici del Podgora che il 19 luglio del 1915 dimostrarono tutto il loro indomito valore per la conquista della quota 240 anche se, alla fine, l’obiettivo non fu raggiunto.
Durante i burrascosi anni del ventennio fascista l’Arma mantenne sempre una doverosa estraneità alle questioni politiche e ideologiche, ma laddove veniva meno il rispetto della legge non usava mezzi termini nell’utilizzare tutta la sua autorità per bloccaree reprimere la violenza e l’illegalità da qualsiasi parte provenissero. Fu sempre pronta ad eseguire gli ordini impartiti dal governo in carica e non esitò, e mai arretrò nel momento in cui fu mandata a combattere, durante la Seconda guerra mondiale, in paesi stranieri.
I Carabinieri scrissero pagine di indomito valore fino al sacrificio estremo: il 21 novembre del 1941 sulla sella di Culqualber difesero strenuamente l’ultimo baluardo dell’impero in Africa Orientale, così come il 19 dicembre del 1941 il 1° Battaglione Carabinieri paracadutisti fermò la truppe inglesi a Eluet El Asel e a Lamluda, in Africa Settentrionale, scongiurando la totale distruzione dell’Afrikakorps al comando del generale Rommel nel contesto della seconda ritirata dell’Asse fino ad Agedabia.
In trent’anni di servizio all’interno dell’Arma debbo confessare che ho avuto notevoli difficoltà per venire a conoscenza del ruolo rivestito dai Carabinieri nei tragici eventi che si verificarono dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Ciò è imputabile non solo ad un silenzio imbarazzante della storia e degli storici sull’impegno profuso dai Carabinieri nella lotta di liberazione contro il nazi-fascismo, ma anche a quell’antica consuetudine di “sereno distacco dell’Arma dagli onori della ribalta”.
Il testo ha il merito di aver reso noto, attraverso un’attenta e capillare consultazione della documentazione giacente presso l’Ufficio Storico dell’Arma, eventi ignorati dai libri di storia. L’alto senso dell’onore, rafforzato dal solenne giuramento di fedeltà al popolo ed alle istituzioni, fece si che i Carabinieri, di fronte alle brutali rappresaglie perpetrate dai nazi-fascisti sui civili, non avessero più esitazioni nel passare da una Resistenza in semiclandestinità ad una lotta totale, a viso aperto e con le armi in pugno su tutto il territorio nazionale a fianco dei partigiani e di quelle popolazioni che avevano giurato di difendere anche a costo della loro vita.
In effetti i Carabinieri furono i primi a schierarsi in combattimento, insieme a frange del Regio Esercito contro i nazi-fascisti per la difesa di Roma, ed a Monterotondo 70 carabinieri si batterono come leoni contro preponderanti forze tedesche per la difesa di Palazzo Orsini, ex sede dello Stato maggiore dell’esercito. Atti di vero eroismo furono compiuti in questa epopea di coraggio e di riscatto: Salvo D’Acquisto, i martiri di Fiesole, il sacrificio del Carabiniere Vittorio Tassi; in molti casi coraggiosi ufficiali diventarono capi di bande partigiane formate da Carabinieri e patrioti come la banda Caruso, la banda Gerolamo, la banda Ettore Bianco, la banda Tassi. L’Arma, però, pagò a caro prezzo la scelta di essersi schierata in difesa del popolo italia- no, perché il 7 ottobre del 1943, con un blitz in piena regola, i nazi-fascisti catturarono, disarmarono e confinarono nei campi di concentramento tedeschi duemila Carabinieri romani così da poter avere mano libera nella deportazione degli ebrei della Capitale, che ebbe poi luogo il successivo 16 ottobre.
Mi sia consentito, però, di ricordare un episodio cui sono particolarmente legato, accaduto durante la difesa di Roma sulla via Ostiense, che riguarda il Carabiniere a piedi effettivo Antonio Colagrossi, nato a Montecompatri-Roma, il 27 gennaio 1921 e caduto in combattimento il 9 settembre1943 a soli 22 anni. Egli apparteneva al II Battaglione Allievi Carabinieri ed operava nella 4° Compagnia al comando del capitano Orlando De Tommaso che aveva avuto l’ordine di portarsi sulla via Ostiense per la conquista del caposaldo n. 5 ancora in mano tedesca. In questa azione cadde il capitano De Tommaso; il Carabiniere Colagrossi sconvolto dalla morte del suo comandante al grido di: “Voglio vendicare il mio capitano!!!” uscì allo scoperto, riversando sui nemici tutto il fuoco del suo fucile mitragliatore, “ma subito dopo venne colpito da una raffica nemica che lo abbatté al suolo esanime”. A questo giovanissimo Carabiniere fu concessa una Medaglia d’Argento al valor militare alla memoria.
Questi e molti altri episodi sulla storia dell’Arma son descritti dettagliatamente nel presente testo, ma l’autore è stato molto attento ad inquadrarli nel contesto socio-politico in cui si verificarono per capirne le cause, valutarne gli effetti ed il loro impatto storico sulle politiche nazionali e internazionali dell’epoca.
Non avendo combattuto una guerra abbiamo il dovere morale di esercitarne il ricordo. Questo libro vuole essere una commemorazione per tutti quei colleghi che subirono una brutale deportazione iniziata il 7 ottobre 1943 e finita solo alla fine del Secondo conflitto mondiale... Una catena di tragici eventi che stritolò la nostra Italia nella morsa di una terribile guerra che non avrebbe dovuto essere mai combattuta. Morirono nei vari campi di concentramento in Europa seicentodue Carabinieri di ogni ordine e grado, uomini che donarono senza indugio la propria vita per la nostra libertà, uomini che subirono ogni tipo di vessazione, umiliazione e angheria da parte dei guardiani tedeschi. I nostri colleghi seppero sempre sopportare la sofferenza senza mai perdere la dignità di uomini e Carabinieri, sino alla morte. Mai come nelle circostanze rievocate, il motto “antico” dell’Arma ha avuto un reale e oggettivo riscontro: “Usi obbedir tacendo e tacendo morir”.
M.llo Capo r. o. Edoardo Zucca
IL PROGETTO
Il progetto si concretizzerà nella produzione di un documentario e di un libro con l’obiettivo, non tanto di fare del revisionismo storico, ma di portare a conoscenza, in particolare delle generazioni future, il disastro vissuto dalla nostra Nazione e, pur di non tradire gli Italiani, il dramma dell’Arma dei Carabinieri nella seconda guerra mondiale.
Clicca sull'immagine per aderire all'iniziativa di sostegno del Progetto